La Coltivazione del Bergamotto
Il bergamotto è tra gli agrumi quello che ha creato le maggiori controversie sia riguardo alla sua area di origine che sulla sua posizione sistematica. Alcune ipotesi fanno derivare il bergamotto dalle Isole Canarie, da cui sarebbe stato importato in Spagna ad opera di Cristoforo Colombo. Dalla città spagnola di Berga, da qui l’origine del suo nome, sarebbe arrivato successivamente in Calabria.
Il bergamotto è tra gli agrumi quello che ha creato le maggiori controversie sia riguardo alla sua area di origine che sulla sua posizione sistematica. Alcune ipotesi fanno derivare il bergamotto dalle Isole Canarie, da cui sarebbe stato importato in Spagna ad opera di Cristoforo Colombo. Dalla città spagnola di Berga, da qui l’origine del suo nome, sarebbe arrivato successivamente in Calabria. Altre teorie attribuiscono agli arabi l’introduzione di questo agrume in Calabria. L’ipotesi della provenienza medio orientale di questo agrume, è anche sostenuta dall’etimologia della parola “bergamotto”, che potrebbe derivare dalla lingua turca “Beg-ar-mu-di” che significa “Principessa o signora delle pere”. Tuttavia, alcuni ritrovamenti archeologici indicano che l’origine del bergamotto sia molto più antica di quanto ipotizzato fino ad oggi. Il fatto che in alcune tombe egizie sia stato trovato olio di bergamotto misto ad aloe e che successivamente in un’altra tomba di epoca romana a Salerno, è stato trovato un unguentario con tracce di essenza di bergamotto, potrebbe fare riscrivere, in parte la storia di questo agrume. Tra tutte le ipotesi di certo finora c’è solamente che quest’agrume viene citato per la prima volta dal tassonomo Volckamer nel XVII secolo, e, secondo Chapot, esso sarebbe comparso in Calabria fra il XIV e il XVI secolo.
Al pari del suo luogo d’origine alquanto controversa appare anche la sua posizione botanica. Secondo lo Swingle il bergamotto va posto fra le varietà e mutazioni dell’arancio amaro (Citrus aurantium L.) mentre secondo Tanaka esso va considerato una specie a se e classificato come Citrus bergamia. Una delle ipotesi maggiormente accreditate circa la sua origine botanica è che il bergamotto abbia un origine ibrida ed a differenza di quanto affermava Gallesio che lo considerava un ibrido di limone per arancio, esso sia derivato da un incrocio di lima per arancio amaro. Se ancora oggi risulta complicato indicare con esattezza l’origine del bergamotto, molto più semplice risulta ricostruire la storia della sua coltivazione. La nascita di questa coltura, com’è noto, è legata all’invenzione dell’acqua di colonia da parte di un emigrante italiano, G.P. Feminis, che la ideò e ne ottenne il brevetto negli anni a cavallo del 1700. E’ proprio in questo periodo che nascono i primi bergamotteti nei giardini di alcune delle famiglie più ricche di Reggio Calabria. Il primo bergamotteto di cui si ha notizia venne impiantato nelle vicinanze di Reggio Calabria da Nicola Parisi, nel fondo denominato “Giunchi” nell’anno 1750. A quei tempi l’essenza veniva estratta per pressione manuale dalla scorza del frutto e fatta assorbire da spugne naturali collocate su appositi recipienti di terracotta (“concoline”).
Il 1844 registra la prima vera e propria industrializzazione del processo di estrazione dell’essenza di Bergamotto con l’invenzione, da parte del reggino Nicola Barillà, di una macchina per l’estrazione denominata “macchina calabrese”, la quale riusciva a garantire non solo una resa elevata in tempi più brevi, ma anche una finissima qualità dell’essenza. La bergamotticoltura ha rappresentato per anni un valido investimento economico per gli agricoltori del reggino. La superficie investita a tale coltura ha subito delle variazioni fluttuanti nel tempo con un graduale incremento fino agli anni ‘60 in cui si è raggiunto il massimo dell’espansione (circa 4000 ha) ed una riduzione a partire dagli anni ‘70, causata dallo sviluppo urbanistico e dalla diffusione delle essenze sintetiche. A tal proposito occorre ricordare come aziende produttrici di essenza di sintesi, avessero messo in atto campagne denigratorie nei confronti dell’essenza naturale, accusata di fotosensibilità per la presenza di bergaptene (5-MOP) e quindi di cancerogenicità. Tale crisi si è trascinata dagli anni ‘70 fino ad oggi nonostante studi e sperimentazioni abbiano dimostrato come l’allarmismo, nei confronti di tale fototossicità, fosse infondato. La superficie attualmente coltivata a bergamotto è di circa 1.500 Ha., con una produzione media di 100.000 kg di essenza e con oltre 1200 aziende agricole operanti nel settore. La dimensione media aziendale, per la maggior parte dei casi, è al di sotto dei 2 ettari. La straordinaria ed esclusiva ambientazione del bergamotto nella fascia costiera reggina rende questa coltura una realtà di enorme prestigio per l’intera Calabria, tanto che da un lato il Ministero per le Politiche Agricole dal 30/04/99 ha riconosciuto la denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale”.
Il Bergamotto (Citrus Bergamia Risso e Poit.), appartiene alla famiglia delle Rutaceae, sottofamiglia Aurantioideae, genere Citrus. La pianta normalmente non supera i 4 metri di altezza, ha tronco dritto, a sezione tonda e corteccia grigiastra (fig. 4). Le radici sono superficiali, tanto che la massima parte è contenuta nei primi 50 cm. di terreno. Le foglie sono grandi, lanceolate, appuntite, con piccioli provvisti di strette ali. I fiori sono di colore bianco con corolla a cinque petali. Gli stami sono numerosi (da 15 a 60) e l’ovario è diviso in 8-15 logge, ciascuna con 4-8 ovuli (figg. 5 e 6). Il fiore del bergamotto, come quello degli altri agrumi, è ermafrodita. Esso si sviluppa in conseguenza di una differenziazione gemmaria che segue l’arresto vegetativo provocato da basse temperature o da siccità, la quale è microscopicamente visibile da metà dicembre a metà gennaio. Nel bergamotto si può verificare sia l’autoimpollinazione che l’eteroimpollinazione entomofila ed anemofila. Il suo fiore è visitato volentieri dai pronubi, che oltre ad essere attirati dalla corolla ampia e dall’accentuato profumo, vi trovano abbondante nettare e polline. Poiché il polline è pesante ed appiccicaticcio viene invece trasportato con difficoltà dal vento. La fioritura avviene nel periodo compreso tra fine marzo e metà maggio. In seguito ad alcuni stress il bergamotto presenta il fenomeno della rifiorenza con una doppia fioritura anche se quella economicamente utile è la prima, in quanto la seconda ci fornisce dei frutti di scarso pregio, comunemente chiamati “bastardi”.
I frutti che raggiungono la maturazione non sono più del 2 – 3 % dei fiori di una pianta; infatti l’allegagione è seguita da diverse cascole di frutticini: quando essi sono appena allegati, a giugno e in pre-raccolta. Le prime due cascole sono fisiologiche, ossia sono il meccanismo che la pianta mette in atto per equilibrare la carica alle potenzialità produttive. La cascola dei frutti in prossimità della maturazione invece è dovuta essenzialmente a fattori meccanici. Il periodo che intercorre tra allegagione e maturazione del frutto varia dai 10 ai 13 mesi. La raccolta si effettua da novembre a marzo. Il frutto è un esperidio, una bacca sferica con un peso medio di 150 grammi che a piena maturazione si presenta di colore giallo (fig. 7); presenta una parte esterna (esocarpo) ricco di otricoli concavi pieni di olio essenziale, un mesocarpo spugnoso di tessuto bianco-giallo compatto ed un endocarpo ricco di succo acido (suddiviso in 10-15 spicchi) con semi. I semi sono biancastri, ovoidali, sono in numero limitato e sono monoembrionici.
Relativamente al patrimonio varietale del bergamotto, le cultivar attualmente impiegate sono tre: “Femminello”, “Castagnaro” e “Fantastico”. “Femminello” e “Castagnaro” cono le cultivar tradizionali del patrimonio bergamotticolo reggino; più recente è l’introduzione del “Fantastico” (1940 circa).
Il bergamotto predilige un terreno sciolto o di medio impasto, profondo, fertile, ben drenato, con pH compreso tra 6,5 e 7,5 e ben dotato di sostanza organica, in modo che sia garantita un’adeguata aerazione dell’intero volume di suolo occupato dalle radici. Sono da evitare i terreni troppo argillosi e calcarei, in quanto il bergamotto teme i ristagni idrici, che si formano soprattutto nel periodo invernale e le piante sono più soggette ai marciumi radicali. Nei terreni a forte componente sabbiosa anche se gli alberi si sviluppano molto bene, la qualità della produzione è leggermente inferiore rispetto a quella ottenibile in terreni a tessitura più equilibrata. In questi terreni si verificano frequenti carenze di microelementi. Benché la maggior parte dei bergamotteti attuali si trova lungo gli argini delle fiumare quindi in terreni abbastanza profondi i terreni da destinare al bergamotto non devono essere necessariamente molto profondi, dato che l’apparato radicale di queste piante è abbastanza suprficiale. Profondità di 70-80 cm consentono l’impianto del bergamotteto, a condizione che al di sotto non vi siano strati impermeabili che impediscano la percolazione. Il bergamotto, come gli altri agrumi, è una pianta tipicamente subtropicale; necessita di climi caldi, con inverni miti. La specie risente moltissimo delle fluttuazioni termiche e perché la pianta possa estrinsecare al massimo le proprie potenzialità vegeto-produttive le temperature non devono scendere al di sotto dei 10° C e superare i 38° C.
Infatti, il bergamotto inizia l’accrescimento al di sopra dei 13 °C, raggiungendo l’optimum vegetativo tra 23 e 31 °C, rallentando considerevolmente i processi di moltiplicazione cellulare da 32 °C in su, per arrestarli completamente quando le temperature superano i 36 °C. Se temperature al di sopra di questo limite si verificano durante l’intensa attività di moltiplicazione cellulare del frutto (da giugno ai primi di luglio) il regolare accrescimento è irreversibilmente compromesso e, allo stadio finale, i frutti risultano più piccoli e le rese per unità di superficie più basse. Eccessive temperature nella fase di allegagione aumentano l’incidenza della cascola.Riguardo alle esigenze idriche, pur non esistendo studi specifici riguardo a tale parametro si stima a titolo orientativo che un ettaro di bergamotto adulto abbia bisogno di 9000 – 10.000 m3 di acqua. Tenendo conto che le precipitazioni naturali della zona dove viene coltivato il bergamotto non superano i 500 mm annui, si evince chiaramente che l’apporto esterno deve essere almeno di 4000 – 5000 m3 ad ettaro. Ove, nell’arco della stagione asciutta, non si disponga di un volume d’acqua tale da soddisfare completamente il fabbisogno irriguo dell’agrumeto, si consiglia di ridurre l’erogazione non prima della fine di agosto. Il frutto, infatti, prima di questo momento attraversa le fasi di moltiplicazione e di rapida distensione cellulare, che risentono molto dello stress idrico. Elemento fondamentale che l’acqua di irrigazione sia di buona qualità; il che significa che non contenga molti sali disciolti, in tale ambito i valori dovrebbero mantenersi al di sotto di 1.500 – 1.600 ppm. Fattore limitante la coltivazione del bergamotto può essere invece rappresentato dal vento. Questa meteora influisce notevolmente sulla produttività della pianta. I venti forti determinano sui giovani frutti e sulle foglie lesioni e danneggiamenti, che possono essere evitati impiegando opportuni frangiventi, che, se possibile, nel caso di frangiventi vivi, dovrebbero essere impiantati 2-3 anni prima che venga effettuato l’impianto. Le brezze (venti con velocità inferiore ai 15-20 Km orari) sono invece utili perché, oltre a contribuire a determinare un clima più mite promuovono un giusto equilibrio idrico dei tessuti, così da ridurre la possibilità d’insediamento dei parassiti fungini.
E’ noto a tutti che il bergamotto è un prodotto industriale e che l’elemento più redditizio di questa trasformazione industriale è costituito dall’olio essenziale presente nella sua buccia. La resa in essenza varia in funzione di numerosi fattori come la varietà, la zona d’origine, il grado di maturazione dei frutti e la tecnologia estrattiva impiegata. In linea generale si può affermare che le rese industriali, considerando l’intero periodo stagione della raccolta, sono nell’ordine di 550 grammi per ogni quintale di frutto. Di questi 550 grammi che si ricavano da ogni quintale di frutti di bergamotto, 500 grammi sono ottenuti per centrifugazione e 50 provengono dalla torchiatura delle melme di lavorazione. Rese più elevate, che possono raggiungere anche i 750-800 g/q.le, si ottengono lungo la fascia litoranea che va Melito Porto Salvo a Brancaleone, che rappresentano le zone più vocate per questa coltura. In queste zone oltre alle rese più alte vengono prodotte le essenze più pregiate da un punto di vista qualitativo. L’essenza di bergamotto possiede un colore che può variare da verde intenso a giallo in funzione del grado di maturazione dei frutti al momento dell’estrazione. Il suo profumo, caratteristico dei frutti da cui proviene, è fresco e potente; diversamente dagli altri olii essenziali agrumari, all’essenza di bergamotto viene attribuito un certo effetto fissativo e di amalgatore di note anche molto diverse. La composizione dell’essenza può subire sensibili variazioni per una serie di motivi: i frutti provenienti dalla fioritura di aprile danno luogo ad essenze con un contenuto terpenico inferiore a quello ottenuto dai frutti della fioritura di maggio; una stagione estiva particolarmente calda e secca determina un ridotto tenore di esteri; insufficienti irrigazioni provocano un più alto contenuto in terpeni.
L’essenza di bergamotto è utilizzata principalmente in campo cosmetico nella produzione di acque di colonia, profumi, deodoranti, lozioni antiforfora, prodotti solari (grazie alla presenza di sostanze fotodinamiche), dentifrici. In questi anni si sta sviluppando sempre più il suo impiego nell’ambito farmaceutico, avendo vari studi evidenziato come l’essenza abbia potere antisettico, antibatterico, antireumatico, diuretico, dermatologico e riattivante della circolazione. In qualità di antisettico ed antibatterico è commercializzato per la pulizia degli ambienti, mentre recentissimi ricerche hanno evidenziato l’effetto antivirale di alcuni componenti dell’olio essenziale. Tuttavia, malgrado l’importanza preminente che possa avere la produzione di uno specifico derivato (l’essenza nel caso del bergamotto), l’esperienza ha ampiamente dimostrato che una moderna industria agrumaria non può avere successo se il processo tecnologico su cui si fonda non prevede lo sfruttamento integrale del frutto. E’ ormai chiaro a tutti che il futuro del bergamotto non potrà mai essere assicurato se non nell’ambito di una produzione congiunta di tutti i suoi derivati, in modo da costituire una difesa concreta nei riguardi delle crisi che interessano in modo alquanto ricorrenti la coltivazione di questo agrume. Sulla base di ciò, in questi ultimi anni si sta cercando di dare alla coltura un valore aggiunto tramite l’utilizzo dei frutti anche per altri scopi oltre quello della produzione dell’essenza. L’industria sta sviluppando nei confronti della specie un interesse particolare per la produzione di altri possibili derivati: l’acido citrico per l’impiego nelle bevande analcoliche, in numerosi prodotti alimentari e in tintoria; le pectine come gelatinizzanti e per le loro applicazioni farmaceutiche (emostatici, antidiarroici ecc); i mangimi per bestiame derivanti dai cascami opportunamente trattati ed essiccati; il succo, che presenta peculiarità non molto difformi dagli altri succhi di agrumi. Anche l’industria dolciaria e dei liquori ha sviluppato nuove linee di prodotti: oggi si possono trovare in commercio liquori e dolciumi (gelati, caramelle, torroni, ecc.) al caratteristico aroma di bergamotto.